Giochi della chimica

Breve storia delle Olimpiadi Internazionali della Chimica (IChO)  . Guido Cimminiello

I Giochi della Chimica. Non solo criteri A cura di Silvana Saiello

Breve storia delle Olimpiadi Internazionali della Chimica (IChO)  . Guido Cimminiello

 

        Le Olimpiadi Internazionali  L’idea di organizzare delle competizioni incentrate sulle materie scientifiche tra studenti delle scuole superiori nacque in Unione Sovietica e risale al periodo antecedente la seconda guerra mondiale. Successivamente, si pensò ad allargare la partecipazione a studenti provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est, denominando le competizioni come Olimpiadi. Le prime ad essere organizzate furono le Olimpiadi di Matematica: la prima edizione si svolse nel 1959 in Romania con la partecipazione dei 7 paesi dell’Europa dell’Est. Nel 1967 si svolse in Polonia la prima edizione delle Olimpiadi di Fisica che furono di ispirazione all’organizzazione della prima edizione delle Olimpiadi della Chimica nel 1968 a Praga, allora capitale della Cecoslovacchia.
        Le ragioni di questo ritardo sono da ricercare principalmente in due aspetti: poiché la gara si articolava su una prova teorica e una pratica, la relativa scarsezza di scuole dotate di laboratori di chimica sufficientemente attrezzati rendeva particolarmente complessa la preparazione degli studenti. Il secondo aspetto, non meno importante, era la mancanza di esperienza dei docenti coinvolti, soprattutto in relazione alle esperienze di laboratorio. Era necessario inoltre, sulla base di quanto già sperimentato dall’ URSS, costituire nei paesi partecipanti un’organizzazione a livello locale, regionale e statale, il che non era semplice, quanto meno non immediato.
         La prima edizione delle Olimpiadi della Chimica vide la partecipazione degli studenti di tre sole nazioni: la Cecoslovacchia, la Polonia e l’Ungheria. Nella primavera del 1968 l’URSS aveva invaso la Cecoslovacchia e i rapporti tra i due paesi non erano certo idilliaci. La Cecoslovacchia, quale paese organizzatore, invitò tutte le nazioni del blocco dell’Est tranne la Romania, che in quel momento era invisa all’URSS, che non rispose all’invito, come pure la DDR e la Bulgaria. Nel 1969 partecipò anche la Bulgaria, nel 1970 tutte e 7 le nazioni del patto di Varsavia. Successivamente, nel 1974 partecipò per la prima volta una nazione dell’Europa occidentale, la Svezia, oltre alla Iugoslavia. La partecipazione si è allargata sempre più nel corso degli anni, alla 50a edizione hanno partecipato gli studenti di 76 nazioni di tutti e 4 i continenti.;
    La partecipazione italiana: nascono i Giochi della Chimica

   Quattro studenti italiani parteciparono per la prima volta alla XIX edizione svoltasi a Linz, in Austria, nel 1980. Una rappresentanza italiana fu presente anche alle edizioni successive, tuttavia si trattò di una partecipazione non organizzata e che non era il frutto di una selezione operata a livello nazionale. L’anno che segnò la svolta in Italia fu il 1984 quando la sezione veneta della SCI, presieduta dal prof. Giorgio Modena, organizzò la prima edizione dei Giochi della Chimica, riservata ai soli studenti del Veneto. La commissione organizzatrice fu guidata dal prof. Gianfranco Scorrano dell’Università di Padova. L’anno successivo anche altre regioni palesarono un certo interesse ma la manifestazione fu ancora circoscritta al Veneto. A partire dal 1986, anno in cui “scesero in campo” anche la Campania e parte delle scuole del Friuli, ai Giochi della Chimica parteciparono gradualmente anche studenti delle altre regioni italiane. Per quanto riguarda le Olimpiadi Internazionali, nel 1986 il prof. Romualdo Caputo, docente ordinario di Chimica Organica dell’Università di Napoli, fu inviato dal Ministero della Pubblica Istruzione come osservatore alla XVIII edizione. Sulla base delle sue osservazioni, contenute in una relazione destinata al Ministro Falcucci, nel 1987 fu organizzata la prima partecipazione ufficiale di una squadra italiana alle Olimpiadi Internazionali della Chimica che quell’anno si svolsero a Budapest. Scrive il prof. Scorrano:
“Il 15/4/1987 il Ministero della Pubblica Istruzione dette l’incarico alla SCI, referente il prof. Romualdo Caputo, per l’organizzazione globale della squadra italiana da inviare alle Olimpiadi. Con quell’anno quindi i Giochi presero un taglio più nazionale. 9 Sezioni parteciparono all’edizione 1987: Umbria, Veneto, Lombardia, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Calabria, Sicilia, Marche. Fu steso un regolamento, creata una commissione: iniziò il grande lavoro organizzativo del prof. Romualdo Caputo.. La finale nazionale fu tenuta a Roma presso l’Istituto Chimico, la squadra Olimpica fu allenata a Padova presso il Collegio Universitario Antonianum con l’aiuto di docenti universitari (Franco Magno, Ugo Quintily e Gianni Michelon) e delle scuole secondarie (Carrara, Mozzi, Modelli, Pavan, Fabrizi) e dagli accompagnatori ufficiali che li avrebbero guidati a Vezprem, (Ungheria) sede delle XIX Olimpiadi: i prof. Lino Colombo (ora Prof. Ordinario di Chimica Organica, Università di Pavia) e la prof. Marcella Cioffi”.

 

I Giochi della Chimica. Non solo criteri
A cura di Silvana Saiello

        Quando si riflette sui Giochi della Chimica vengono in mente una moltitudine di pensieri, a volte anche contraddittori. I diversi punti di vista dipendono dal ruolo che ciascuno occupa nell’organizzazione e nella realizzazione, ma anche nella società scientifica.
Ci sono coloro che ritengono i Giochi unicamente una competizione tra i giovani partecipanti, una competizione fine a sé stessa, una competizione, che invece di stimolare una crescita culturale la sopprime sull’altare del medagliere.
Ci sono coloro che vivono i Giochi come una vetrina per insegnanti e alunni, vetrina che serve a mettere in mostra solo i “più bravi”.
Ci sono coloro che interpretano i Giochi come un momento di festa della Società Chimica Italiana, una festa in cui la Chimica in tutte le sue sfaccettature è al centro dell’attenzione di tutti gli invitati.
Personalmente vedo i Giochi come la conclusione di un percorso verso l’eccellenza dell’insegnamento e dell’apprendimento della Chimica, un percorso nel quale nessuno deve rimanere indietro perché ciò che è importante è soprattutto il percorso.
Mi si obietterà che le medaglie e le coppe premiano le prestazioni e, come è noto, le prestazioni dipendono anche da situazioni contingenti. Questo è vero. Ma se si riesce a interpretare il momento del Gioco come solo uno dei momenti di un cammino, la frustrazione per la sconfitta si trasformerà nello stimolo a migliorare. “L’importante è partecipare non è vincere” diceva qualcuno
E’ innegabile che la competizione esista, ma va discussa e inquadrata in un percorso di miglioramento, miglioramento che viene certificato dai risultati che ciascuno consegue a quelli che vengono chiamati “test” o “quiz” e che, personalmente, preferisco chiamare quesiti.
Il quesito diventa lo strumento di verifica.
Diventa, allora, indispensabile condividere l’obiettivo della verifica.
A me pare che tale obiettivo dovrebbe essere quello di verificare la comprensione dei concetti e della conoscenza di regole di tipo chimico, regole che, purtroppo, richiedono spesso anche esercizi di memoria.
Negli anni in cui, insieme ad alcuni colleghi, me ne sono occupata, abbiamo cercato, per quanto possibile, di preparare quesiti che risultassero un punto di equilibrio tra un esercizio memonico e il problem solving.
Nei Giochi della Chimica si è scelto di proporre quesiti a risposta multipla perché, nonostante i loro limiti, sono ritenuti una prova di valutazione oggettiva. Il vantaggio sta proprio nel fatto che, in questo tipo di quesito, la valutazione non è influenzata dall’opinione di chi corregge la prova.
Il quesito a scelta multipla consiste, come è noto, in una domanda iniziale seguita da risposte, una sola delle quali è corretta, le altre (i così detti distrattori) è importante che siano verosimili.
Se ben formulate, le domande a scelta multipla riescono a forzare forme di ragionamento logico. In altre parole non è affatto detto che attraverso i quesiti a scelta multipla si possa testare solo la memorizzazione anzi, spesso è proprio attraverso il ragionamento, il confronto tra le alternative proposte e lo scarto dei distrattori che si perviene alla scelta corretta.
La formulazione corretta dei quesiti e la scelta delle relative risposte diventano cruciali per il successo della valutazione.
I quesiti a scelta multipla prevedono alcuni requisiti:

  1. La domanda deve avere una sola risposta corretta;
  2. Il quesito deve essere formulato in modo non ambiguo e non prestarsi a interpretazioni alternative.
  3. Le risposte devono essere almeno quattro, perché se il numero di risposte è minore di quattro, il quesito è troppo semplice e aumenta la probabilità che la risposta sia casuale.
  4. I distrattori devono essere tutti verosimili e plausibili.
    A questi requisiti generali si aggiungono altri due requisiti specifici per l’ambito chimico.
    a. Le unità di misura devono essere quelle del Sistema Internazionale
    b. Le costanti da utilizzare devono essere quelle fornite nelle Tabelle che sono allegate ai quesiti
    c.
    Per concludere vorrei porre l’attenzione su un altro requisito che, a mio avviso, è di grandissima importanza: la correttezza del linguaggio chimico.
    I Chimici per comunicare tra loro utilizzano, spesso, un linguaggio sintetico che sfronda le frasi di alcune parole indispensabili, ma che, nel loro linguaggio quotidiano, i Chimici ritengono superflue.
    Un esempio per tutti:
    Quando un Chimico chiede a un suo collega di laboratorio: “Abbiamo l’HCl 1 molare?”, entrambi sanno perfettamente a che cosa si riferiscono, mentre uno studente potrebbe pensare anche a qualcosa di diverso. L’HCl è un composto gassoso per cui potrebbe trattarsi di un recipiente contenente il gas a quella concentrazione.
    Perché il linguaggio sia comprensibile da uno studente è, quindi, indispensabile aggiungere le parole che i Chimici sottintendono:
    “Abbiamo una soluzione acquosa di HCl 1 molare?”
    Un altro esempio è una domanda che, di solito, viene posta così:
    Secondo la teoria VSEPR la molecola BF3 è:
    a. piramidale trigonale
    b. a T
    c. planare trigonale
    d. tetraedrica
    Sappiamo che la teoria VSEPR non si riferisce alla molecola, ma si riferisce alla sua geometria. Quindi la domanda, per essere espressa in un linguaggio chimico corretto andrebbe riscritta aggiungendo una parola:
    Secondo la teoria VSEPR la geometria della molecola BF3 è…
    Osserviamo anche questi due quesiti presentati nei Giochi della Chimica 2018
  5. Indicare la risposta che elenca, nell’ordine, i coefficienti stechiometrici necessari a bilanciare la seguente reazione:
    B2O3 + K2O → K3BO3
  6. In un pallone vengono messe reagire 3,0 moli di NaClO, 2,0 moli di Cr(OH)3 e 4,0 moli di NaOH secondo la reazione (da bilanciare):
    NaClO(aq) + Cr(OH)3(aq) + NaOH(aq) → NaCl(aq) + Na2CrO4(aq) +H2O(l)
    Come si può notare, a differenza del quesito 2., nel quesito 1. a pedice delle formule non compare né lo stato di aggregazione né la tipologia di solvatazione.
    Il motivo di tale scelta è che nel quesito 1 è completamente assente l’aspetto macro, si parla solo dei coefficienti stechiometrici della reazione, quindi informazioni solo di tipo micro.
    Nel quesito 2, invece, siamo completamente immersi nell’aspetto macro.
    Questo tipo di attenzione alla formulazione dei quesiti, a mio avviso, è necessaria se si desidera che essi diventino anche uno strumento formativo per tutti i partecipanti ai Giochi.
    In definitiva i Giochi della Chimica sono certamente una competizione, ma possono diventare molto altro. Tutto dipende da come vengono “interpretati” i diversi ruoli dai diversi “attori” che calpestano il “palcoscenico”